Focus / Il consulente Confabitare Mauro Grazia fa il punto sull’ultimo provvedimento da parte del Governo: “misure urgenti in materia di cessione dei crediti”
A distanza di circa tre mesi da un precedente articolo sullo stesso argomento, siamo di nuovo a commentare un decreto legge, il n. 11 del 16 febbraio scorso, definito come “misure urgenti in materia di cessione dei crediti…”, che interviene per modificare ancora una volta le regole sul Superbonus 110%, oltre a tutti gli altri bonus, bloccando la cessione dei crediti, la possibilità per le imprese di applicare lo sconto in fattura, vietando agli enti locali di acquistare crediti fiscali (alcune regioni e comuni erano già intervenuti per cercare di sbloccare i lavori già partiti). In questo caso un intervento a gamba tesa per bloccare tutti i nuovi interventi, come riportato ampiamente dalla stampa. Poiché la scelta del Governo, con un vero e proprio blitz, ha suscitato molte polemiche, di tipo politico e tecnico, si sta in queste ore cercando di trovare dei correttivi (mentre scrivo questa nota è in corso un incontro tra il Governo e le parti sociali interessate, ABI (banche), ANCE, (costruttori), Artigianato, Professionisti). Vedremo i risultati, ma intanto si può dire che il Governo intende assicurare il completo recupero dei crediti sbloccandone la cessione con alcune ipotesi finanziarie. L’aspetto che più mi ha colpito è la dichiarazione del Ministro Giorgetti (Ministro anche nel Governo Draghi, quindi non uno appena arrivato / Il consulente Confabitare Mauro Grazia fa il punto sull’ultimo provvedimento da parte del Governo: “misure urgenti in materia di cessione dei crediti” rivato) che rivendica la necessità del decreto per mettere in sicurezza i conti dello Stato. Ma come, la legge finanziaria per il 2023 è stata approvata dal Parlamento a fine dicembre e nessuno si era accorto del problema.
Gli esperti finanziari spiegano che tutto nasce dalla decisione di Eurostat (l’ufficio statistico dell’Unione Europea), tra l’altro ampiamente prevedibile, di registrare i crediti pagabili, cioè cedibili, compensati con altre imposte e spalmabili nel tempo, nel deficit dell’anno in cui nascono e non nei successivi in cui vengono rimborsati dallo Stato. Sempre gli esperti vedono nella decisione di Eurostat un potenziale problema ma anche, paradossalmente, una possibile soluzione. In un’intervista al quotidiano “la Repubblica” di lunedì 20 febbraio, Antonio Patuelli, Presidente ABI, ritiene che ora la proposta delle banche di compensare i crediti incagliati con le tasse pagate dai correntisti tramite l’F24 sia percorribile. Infatti, se fino a oggi questa ipotesi era considerata non fattibile per l’impatto sui conti, la decisione di Eurostat di caricare le spese pregresse dei vari bonus sui deficit del 2021 e 2022, potrebbe, con tale misura, risolvere almeno la situazione pregressa. Sono un tecnico energetico, non un esperto di finanza, per cui cerco di mettere l’accento su alcuni altri concetti, a mio parere, basilari. Primo: non è più sostenibile continuare a modificare continuamente le regole (come si dice a gioco in corso): serve chiarezza e certezza nei diritti e nei doveri. È vero, ci sono stati abusi e truffe, ma ne vanno perseguiti gli autori, senza fare di ogni erba un fascio; le truffe però sono concentrate sui bonus tradizionali e, in particolare, sul bonus facciate al 90%, non sul superbonus. Il superbonus 110%, eco e sisma, è stata una bella idea, a partire dal rilancio dell’economia del Paese stremata dal Covid: ha previsto fin dall’inizio i controlli sui prezzi e sulla qualità dei materiali utilizzabili, che nei primi bonus non erano richiesti. Andava aggiustato in alcuni punti, come il definire criteri di priorità; ad esempio, il miglioramento delle due classi energetiche previsto dalla norma eco è giusto, ma occorre partire dalle classi più energivore, G e F, dove sono compresi quasi i 2/3 dei fabbricati esistenti. Se il miglioramento avviene dalla classe B alla classe A1 il risparmio del consumo energetico è minimo; se invece si passa dalla F alla A1 il consumo diminuisce di circa il 75%, quindi è molto consistente.
Nel sisma bonus 110% invece non era previsto alcun miglioramento del rischio, per cui il risultato è stato quello di realizzare interventi non migliorativi sul piano antisismico. L’esigenza di stabilire criteri di priorità si lega anche alla direttiva UE in discussione in Europa, la così detta “case green”; se verrà confermato l’obiettivo di arrivare al 1° gennaio 2033 con gli edifici residenziali almeno alla classe D, con le modulazioni che ogni singolo Stato potrà apportare, appare evidente che occorre iniziare dai fabbricati energeticamente peggiori. Poi, a seguire, si valuterà se proseguire con il credito d’imposta, trovando gli incentivi per gli incapienti, si potrà intervenire sull’aliquota fiscale in relazione al reddito dei proprietari, ecc.
Appare insomma l’occasione giusta per cercare di risolvere definitivamente due problemi: continuare con gli incentivi in edilizia e migliorare la qualità energetica degli edifici esistenti. Secondo. Perché il tema degli eco bonus viene presentato soltanto come una spesa, e non anche come una fonte di notevoli entrate per lo Stato? Aumento del PIL, aumento dell’IVA, aumento dell’IRPEF (rimando i lettori all’articolo contenuto sull’inserto di Confabitare del dicembre scorso). Gli interventi realizzati fino a oggi contribuiscono al 40% del risparmio di gas che il Governo intende realizzare attraverso le misure varate per arginare il fronte energetico: su questo dato invece vige sui media una generale afasia. Infine, altro aspetto importantissimo, anche questo trascurato dai più, il CENSIS stima come il superbonus abbia ridotto le emissioni di CO2 di 1,4 miliardi di tonnellate. Se l’informazione fosse completa apparirebbe in modo chiaro che efficientare i fabbricati è senz’altro costoso, ma non nella misura in cui viene rappresentata. Terzo. Gli abusi e le truffe sono certamente frutto di ruberie e malaffare, ma anche della scarsa etica presente nella società in generale, nelle singole attività e che ci coinvolge tutti. Gli operatori del settore edilizio, imprese, banche, professionisti, devono impegnarsi di più e direttamente per migliorare il sistema, non solo per evitare le singole responsabilità; da ex presidente di un ordine professionale posso affermare che anche i professionisti hanno le loro colpe. A me hanno insegnato, in famiglia e a scuola, che per pretendere qualcosa bisogna prima meritarselo. Oggi invece si pensa che un diritto sia tale a prescindere e che qualcuno (la Politica, lo Stato, la Regione, il Comune, i genitori, le aziende, ecc.) deve provvedere a soddisfarlo. Non può continuare in questo modo.